PI242

Grotta della Mottera

Synonymes
MUTERA
Attention
PRESENZA DI CHIROTTERI: EVITARE LA FREQUENTAZIONE DAL 01 NOVEMBRE AL 31 MARZO
Regione
PIEMONTE
Provincia
CN
Comune
ORMEA
Montagne
ROCCE MOTTERA
Vallée
VAL CORSAGLIA
Zones d'intérêt spéléologique
Systèmes karstiques
Cavecomplexes
Dimensions
Développement réel
22279
Développement plan
17925
Dénivelé positif
620
Dénivelé négatif
16
Dénivelé total
636
Position de l'entrée
Latitude
4894718
Longitude
406912
Type des coordonnées
UTM WGS84 32T
Type original des coordonnées
UTM ED50
Hauteur
1364
Position vérifiée de
Massimo Sciandra
Description
Nei pressi delle Rocce Mottera, a quota 1357 m s.l.m., si aprono i tre ingressi che danno accesso alla cosiddetta parte classica. Il primo ingresso è un ampio portale (8 m x 10 m) da cui, con un salto di 6 m, scaturisce l’acqua, formando un profondo lago; il rio che ne segue precipita per 50 m, confluendo poi nel Corsaglia.
Il secondo ingresso, anch’esso di grandi dimensioni, è posto poco più in alto del primo ed è il risultato dell’erosione esterna del versante. Scendendo la sua ripida china detritica, si accede ad un vasto ambiente di 50 x 15 m completamente illuminato, la cui volta si va abbassando fino ad un metro di altezza. La galleria che segue è stata scavata in regime freatico; le reali dimensioni di questo ambiente sono in gran parte nascoste da grossi massi di roccia impermeabile (porfiroidi e besimauditi) che ne costituiscono l’intero pavimento e creano una diffluenza delle acque. Queste, in gran parte, anziché fuoriuscire dal secondo ingresso, penetrano sul lato destro della sala attraverso passaggi intransitabili, riemergendo sotto gli Ingressi Inferiori, generando la cascata laterale.
Al termine di questo ambiente, grandi blocchi incastrati costringono ad uno stretto passaggio, sulla destra, molto bagnato che dà accesso ad un secondo ambiente di forma irregolare e col soffitto molto alto: la Sala del Sifone, che per morfologia e dimensioni altro non è che la naturale continuazione della precedente galleria. I grandi blocchi cristallini incontrati all’inizio, costituiscono lo sbarramento che, poco più a monte, ha prodotto l’innalzamento dell’acqua, costringendo, per la percorrenza, all’uso del canotto. Vi sono varie ipotesi in relazione alla presenza di blocchi impemeabili, probabilmente si tratta di materiali morenici, che durante le glaciazioni sono stati spinti dal ghiacciaio dentro la grotta, attraverso i grandi ingressi o i camini sovrastanti, ora completamente ingombri di detrito. La totale assenza di questo tipo di materiali nel resto della grotta rende l’ipotesi piuttosto credibile. I massi impermeabili arrotondati che si incontrano nel resto della cavità provengono infatti dall’erosione del basamento quarzitico e delle Brecce del Verzera (contenenti ciottoli intrusi).
Dalla Sala del Sifone si prosegue risalendo una cengia (3 m) e, dopo uno stretto cunicolo di una quindicina di metri, si arriva alla Saletta del Pozzo, dove un pozzo riporta sul ramo attivo. Proseguendo invece diritti e percorrendo un secondo cunicolo, oltre un passaggio esposto, si giunge alla Sala delle Concrezioni, caratterizzata da notevoli riempimenti sabbiosi. Di forma allungata, presenta due gallerie concrezionate e numerose diramazioni ascendenti, non del tutto esplorate. I vari rigagnoli che ne derivano confluiscono a valle del ramo attivo posto sotto la Saletta del Pozzo, raggiungibile attraverso una strettoia praticabile. Si bypassa in questo modo e senza bisogno di attrezzature di progressione il cosiddetto Sifone, giungendo direttamente alla partenza della Via d’Acqua. Alla parte classica del percorso appartiene anche la galleria collegata con il terzo ingresso. Per raggiungerlo, partendo dall’ingresso principale, si segue verso sud la base della parete per una ventina di metri, fino ad incontrarlo. Si presenta come una fessura orizzontale molto bassa (150 cm x 30 cm) cui fa seguito un reticolo di gallerie fossili di buone dimensioni, per circa 80 m di sviluppo quasi sempre orizzontale e comunicante in vari punti con la sottostante galleria principale.

LA VIA D’ACQUA
Costituiva fino al 1982, anno della scoperta del 4° ingresso, l’unico accesso possibile per raggiungere il limite esplorativo rappresentato dalla cascata da 20 m. Da allora è percorsa unicamente per visitare la parte navigabile, di particolare fascino e bellezza, fino alla Sala 17, con l’ausilio di un canotto. La restante tratta (circa 700 m), anch’essa molto bella, segue il torrente fino alla cascata. Oggi non è più seguita poiché in buona parte sostituita dalla via più aerea, che conduce al Pozzo dei Cunei, descritto nel paragrafo del 4° ingresso. Giungendo dalla Saletta del Pozzo o dalla Sala delle Concrezioni, è possibile raggiungere il collettore principale e seguirlo per circa 300 m, fino alla Sala 17. Per farlo è indispensabile munirsi di mute stagne o canotto. Per i primi 100 m il percorso è quasi rettilineo con l’acqua spesso molto profonda. In due punti la volta si abbassa notevolmente fino a lasciare poco spazio alla progressione e questo, in caso di aumento di portata, ne condiziona la percorribilità, innescando dopo pochi metri un sifone temporaneo.
In queste zone la corrente d’aria è particolarmente forte, e ostacola l’avanzamento col canotto. Si giunge alla base della Sala del Ghiaccio, così chiamata per la presenza di stalattiti e colate di ghiaccio che la decorano durante i periodi di inversione della circolazione dell’aria. Per procedere è necessario superare la china detritica (derivante dal collasso della sala) che interrompe il corso d’acqua e riguadagnare il torrente poco più a monte. Nei 200 m seguenti, la grotta cambia completamente morfologia presentando un’alta forra, le cui origini freatiche a pieno carico, 20 m più in alto, costituiscono la Via delle Tirolesi raggiungibile dal 4° ingresso. Il percorso procede zigzagando nel calcare compatto e lavorato a scallops, fra ampi slarghi, fino ad una nuova frana dovuta al crollo della volta. Nell’ultimo tratto, l’acqua si fa molto profonda e la sezione di passaggio molto stretta, ma permette ancora di issare il canotto in posizione verticale e progredire, per alcuni metri, su piccolissimi appoggi, fino a riguadagnare la posizione orizzontale e sbucare finalmente nell’ampia Sala 17.

DAL 4° INGRESSO ALLA VIA DEI CUNEI
Questa via fu scoperta nel 1982 dallo SCT ed ha permesso di superare, in alto, la problematica Via d’Acqua. Costituisce l’itinerario che, per brevità e facilità di progressione, permette di raggiungere le zone più profonde del sistema nel minor tempo possibile. A differenza dei precedenti percorsi, per questo itinerario è assolutamente necessaria l’attrezzatura individuale completa per progressione in grotte verticali. Per accedervi, si attraversa il torrente che fuoriesce dal 1° ingresso e, spostandosi verso sinistra su cenge esposte, si guadagna la cresta, per poi passare sul lato opposto, fino a raggiungere l’ingresso posto in parete. L’entrata (2,5 m x 2 m) è percorsa da una violenta corrente d’aria che, nei periodi autunnali, trascina all’interno foglie per decine di metri e dà accesso alla Galleria del Blizzard. Il ramo fossile, inizialmente impostato su fratture verticali, è velocemente percorribile con una serie di facili arrampicate, fino alla Sala del Ghiaccio, da cui è possibile calarsi sulla Via d’Acqua.
Per proseguire sulla via fossile lungo il Ramo delle Tirolesi, occorre attraversare la sala con l’ausilio di una suggestiva teleferica. La progressione si sviluppa lungo una condotta freatica sovrapposta e comunicante con il collettore, ben visibile in alcuni attraversamenti, fino a ridiscendervi in prossimità della Sala 17 (P20 frazionato). Questo ambiente può essere percorso senza difficoltà lungo il letto del torrente; in caso di piene, armi fissi a metà parete consentono di raggiungere agevolmente la Sala del Contatto. Si tratta di un grande ambiente formatosi per crolli successivi e impostato sul basamento impermeabile, che condiziona lo scorrimento delle acque, visibili a tratti fra i massi che ne ingombrano il pavimento. Il soffitto è molto alto e la sala si sviluppa per oltre 150 m in forte salita. Sulla destra confluisce il Ramo delle Branchie. A monte, dopo un tratto pianeggiante con forti depositi argillosi, sulla destra un importante arrivo fossile conduce, da un lato, ad un’intricata serie di meandri sovrastanti la Sala del Contatto e dall’altro, risalendo il Po Groll (P30), ad una galleria in forte pendenza, che termina su una frana soffiante sotto il Lunario.
Proseguendo lungo la via principale, dopo vari passaggi in ambienti di frana, si riguadagna il corso del torrente, ove per comode cenge attrezzate, si prosegue (anche in caso di piena) fino ad una risalita. Qui si abbandona la via dei primi esploratori diretta verso le cascate e ci si porta alla base della Via dei Cunei. Il nome deriva dall’infruttuoso tentativo di risalire il P35 con l’ausilio di cunei di legno, a metà degli anni ‘60. Risalito un salto di 3 m si raggiunge la base del Pozzo dei Cunei. Qui la morfologia cambia, passando dalle ampie gallerie precedenti, alla grande forra che collega le zone fossili poste 150 m più in alto, al sottostante collettore. Superato il pozzo, dopo brevi arrampicate lungo il grande meandro che segue, un ulteriore salto da 15 m conduce ai Portici, labirintica zona di gallerie freatiche fossili, nel calcare compatto. Da qui, svoltando a destra, si prosegue verso i fondi, oppure, continuando per 20 m diritto e poi a sinistra, ci si inoltra nelle Gallerie dei Perché.

GALLERIE DEI PERCHÉ E VIA DELLA BOTTE
Fu la via che permise allo SCT di attrezzare un percorso di salita più veloce e, finalmente, del tutto svincolato dalle problematiche del collettore. Partendo dai Portici, la galleria, dalla particolare sezione a buco di serratura, si sviluppa pianeggiante e rettilinea in direzione ovest per circa 300 m. Si incontrano diversi arrivi e ringiovanimenti, fino al concrezionatissimo Salone del Lunario, da cui la galleria retroverte, per poi scendere, per una serie di salti, fino alla Botte e al collettore.

DAI PORTICI AL BIVIO PER ARTERIA SUD
Dalla silenziosa zona dei Portici, svoltando a destra lungo l’ampia galleria fossile, si raggiunge il Salto del Puffo (P10), alla cui base parte il Pozzo Gargamella (P50) che, seguito da uno spettacolare P30, riporta sul collettore. Sopra il Salto del Puffo, si incontra un grande spazio, oltre il quale, percorrendo sulla destra un meandro, si giunge nei grandiosi ambienti concrezionati dei Giardini di Marzo, ove nel 1983 venne allestito il Campo Base, oggi inutilizzato. Proseguendo per la ripida discesa su una frana concrezionata, si giunge nell’ampia Sala Lorenza. Questo è un punto nodale, in cui convergono l’Affluente Dimenticato, proveniente dalle zone sottostanti la Sala Guglieri e una serie di grandi camini e gallerie fossili intasate, non ancora sufficientemente esplorati. Si accede inoltre alla sottostante zona attiva che, provenendo dal Sifone del collettore, precipita poco più a valle lungo la cascata da 20 m. Da Sala Lorenza si risale la china detritica, proseguendo poi lungo un bel meandro disegnato dall’Affluente Dimenticato che, per comode cenge o direttamente nell’acqua, conduce alla confluenza tra i rami provenienti dal collettore di Esselunga e il grande ramo di Arteria Sud. Questo è il percorso più veloce per raggiungere le zone profonde della Mottera.

ARTERIA SUD
Questo importante ramo si sviluppa con direzione indipendente rispetto al collettore di Esselunga da cui è separato dall’affioramento di strati impermeabili di rocce quarzitiche. Arteria Sud si presenta come uno splendido meandro facilmente percorribile, che acquista dimensioni sempre maggiori procedendo verso monte. Queste insolite morfologie sono legate all’azione di approfondimento dell’antico torrente, che ha generato fenomeni di cattura delle acque, a discapito delle parti più a valle, che si sono gradualmente evolute in fossili. Le forme di erosione a meandro sono legate alla presenza di calcari compatti, diversamente dal ramo di Esselunga dove prevalgono ampie zone scistose, con morfologie a forra. Nella parte alta di Arteria Sud, la Sala Seychelles, ove una serie di grandi meandri confluisce nel ramo principale, le antiche forme a pieno carico sono completamente nascoste da grandi fenomeni di crollo, dovuti al collasso delle varie strutture e del versante sovrastante l’antico ingresso sull’alpe degli Stanti. In questa zona la giacitura del basamento impermeabile ha vincolato il deflusso delle acque, originando le forti pendenze dei grandi ambienti sommitali. Il ramo di Arteria Sud è un meandro fossile concrezionato, percorribile, nel primo tratto, con alcuni passaggi in opposizione e successivamente, camminando comodamente. Il piccolo rigagnolo che vi scorre proviene da Salon Lulù, ambiente sovrastante il primo bivio, cui si accede con una risalita ancora in via di esplorazione. La via verso i fondi proviene invece da sinistra e conduce ai Rami del Verzera. Superati due brevi salti di 3-4 m, il meandro, inizialmente tortuoso, acquista dimensione a beneficio di una veloce progressione. Numerosi sono gli arrivi laterali in questo tratto, alcuni esplorati solo di recente, che hanno portato alla base di alti fusoidi. Più avanti, nei pressi di una evidente svolta a sud, si apre la finestra che dà accesso al Pozzo Anturio (P35) e di seguito ai Rami di Claude. Questi si dirigono per 350 m verso valle e sono percorsi da un discreto affluente; procedendo verso monte, per circa 50 m, attualmente si è fermi sotto pozzi ascendenti. La via principale prosegue nel Ramo degli Imperiesi, con altri arrivi interessanti e, dopo alcuni passaggi aerei che superano vari approfondimenti, si incontra, sulla sinistra, un meandro di recente esplorazione. È il Ramo dei Traversanti, caratterizzato da ingenti depositi alluvionali, nel primo tratto; qui convergono due grandi diramazioni ascendenti. Tornati sulla via per i fondi, si raggiungono splendide gallerie freatiche fossili, con accumuli di massi arrotondati, seguite da un P16, che riporta su Arteria Sud. Verso valle, sono conosciuti oltre 200 m piuttosto intricati, mentre a monte la morfologia è quella di un grande meandro, percorribile con facilità lungo il letto del torrente, fra evidenti segni di erosione freatica e grandi massi quarzitici trasportati dalle zone di contatto poste più in alto. In questo tratto, si incontra sulla destra Sala Dodò, ove nel 2006 venne esplorata una grande galleria in forte pendenza riccamente concrezionata. Un piccolo arrivo si perde a valle in uno stretto meandro impercorribile, per congiungersi poi col collettore. Nei pressi dello Scalone, le lievi pendenze fin qui incontrate aumentano improvvisamente a causa della particolare giacitura del basamento cristallino su cui appoggiano gli strati calcarei. Questa geometria ha fortemente condizionato lo scorrere delle acque, favorendo una marcata erosione meccanica, con evidente trasporto di materiale alluvionale (ghiaie quarzitiche). Le notevoli dimensioni di questa regione dipendono anche dalla confluenza di diversi affluenti, come il grande meandro che si incontra, quasi subito, sulla destra e che risale fino alla quota di +480 m. Proseguendo per il vasto ambiente dello Scalone, la progressione va affrontata risalendo fra i grandi blocchi di frana, con particolare attenzione e seguendo le varie zone attrezzate con corde fisse. Si giunge così nell’ampia Sala Seychelles, dal cui soffitto occhieggiano due enormi pozzi inesplorati, mentre sulla destra parte il fondo di +501 m, che chiude su restringimenti.
A monte della sala, risalito il P15, si accede al ramo più importante, quello del fondo +636 m; subito si incontra il piccolo bivacco usato dai francesi per l’esplorazione e, di seguito, un P10 appoggiato alla parete impermeabile, su cui scorre un piccolo rio che conduce ad un’intricata zona di frana e ad un ulteriore P4. Si ridiscende seguendo gli ometti di pietra fino al passaggio di Will Coyote, riconoscibile per il lastrone apparentemente in bilico. Questa zona è estremamente complessa: continui arrivi, di notevoli dimensioni, convergono nell’enorme galleria (30-40 m di larghezza per 160 m di lunghezza), ingombra di giganteschi massi crollati, che si dirige verso il fondo. È difficile percepire le reali dimensioni di questa parte, in quanto il collasso delle varie strutture ha frazionato molto gli ambienti, celando le originarie morfologie scavate in regime freatico nelle brecce del Verzera. Continuando, immediatamente a monte del P4 sulla sinistra, si incontra il Ramo dell’Immondo, labirintico e fermo su frana. Più avanti, percorrendo un lieve tratto in discesa sulla destra, si accede al Ramo del Coniglio che, dopo 170 m di sviluppo e una serie di risalite, termina su strettoia soffiante. Riprendendo la via principale, si risale lungo il grande ambiente costeggiando la parete destra e raggiungendo un enorme masso inclinato, che si percorre per la sua interezza. Sulla sinistra, una grande colata di calcite bianca segna l’arrivo del meandro dei Tacchini Volanti, caratterizzato da un gran numero di massi di quarzite, disposti in precario equilibrio lungo i suoi 210 m di sviluppo, giunti fin qui dalle sovrastanti verticali, ferme a +590 m con aria. A fianco, converge un grande arrivo, il meandro dei Tacchini Fetenti, che poi sprofonda in un bel P40, ricollegandosi alla galleria principale. La via per il fondo prosegue con una biforcazione che aggira grandi massi, per poi ricongiungersi poco sopra e continuare in un vasto ambiente con forti pendenze, fino al fondo di +614 m, dove passaggi intransitabili con forte aria non permettono ulteriori prosecuzioni. Da segnalare, poco sopra la biforcazione, l’arrivo di una grande verticale: il Rimbopozzo la cui recente esplorazione ha raggiunto il punto più alto del complesso Mottera-Fantozzi a +636 m. Infine, poco prima del fondo di +614 m, in prossimità del masso che reca la scritta a nerofumo, sulla destra, si apre il passaggio che porta alla giunzione con Fantozzi.

RAMI DI BOUGANVILLE E SALA GUGLIERI
Fa parte di questa regione il reticolo di grandi gallerie freatiche completamente fossili, testimoni degli ingenti apporti idrici dell’antica Mottera: i Rami di Bouganville. Questa è la strada maestra che portò i primi esploratori alla scoperta della Sala Guglieri e, in seguito, all’esplorazione del collettore Esselunga. Per molti anni, fino al 1997, rimase l’unico percorso possibile per raggiungere queste zone; in seguito, con la disostruzione di Punto 15, si aprì un passaggio alla base della frana di Sala Guglieri, abbreviando decisamente il tragitto. Da Sala Lorenza, invece di seguire le acque dell’Affluente Dimenticato, occorre risalire su un evidente grande masso inclinato e raggiungere il sovrastante livello di gallerie fossili scavate nei calcari compatti. Risaliti per un P8 e successivo P9, ci si affaccia in Sala Guglieri, grande ambiente di frana generato dall’incontro del ramo di Esselunga con Arteria Sud, per poi ridiscendere lungo la vasta china detritica verso il suo fondo. Ai lati si aprono due grandi gallerie: la Striscia di Moebius e il Ramo di Piero, rispettivamente di 100 e 140 m di sviluppo. Il soffitto della sala segue l’inclinazione della frana e, nella parte più bassa, si possono osservare eccentriche e aragoniti di grandi dimensioni, che ne decorano la volta. Risalendo sul lato opposto, si prosegue fra i grandi blocchi, per poi calarsi nuovamente nel meandro nelle Gallerie di Mezzanotte, poco prima del Pozzo a T.

ESSELUNGA
Esselunga è il ramo principale del sistema della Mottera; qui scorrono le acque provenienti da alcune perdite situate nella zona delle Celle degli Stanti e della Colla dei Termini. I principali sistemi vallivi sono costrituiti da porfiroidi e gli inghiottitoi attivi sono posti trasversalmente lungo la linea di contatto con i sovrastanti limiti impermeabili. Questo determina ingenti apporti idrici dalle zone circostanti. Con oltre 3 km percorribili, questo torrente rappresenta uno dei più lunghi acquiferi sotterranei a livello nazionale, con portate molto variabili da 50 a 2000 l/s. La particolare giacitura verticale degli strati e la presenza di vaste zone scistose hanno determinato la formazione di una grande forra, limitando moltissimo la presenza di sifoni, ma rendendo difficilmente transitabili i livelli fossili, spesso sventrati dall’erosione del torrente. La zona fossile sovrastante l’attivo è caratterizzata da splendide gallerie concrezionate, alternate a enormi ambienti di crollo. La labirintica zona sopra Sala Zanzibar, interessata da ingenti fenomeni tettonici, non ha per ora permesso di superare la problematica zona, facilmente allagabile, di La Playa. La speranza è di trovare la giunzione con le zone di assorbimento: alcune cavità minori fra cui il promettente Abisso 5000, molto ben posizionato sulla verticale e per ora fermo a -150 m rappresentano una possibilità.
Lasciata sulla destra la deviazione per Arteria Sud, si prosegue diritto nel meandro la cui volta, ostruita da massi, si abbassa decisamente fino a raggiungere il cosiddetto Punto15. Qui, una delicata disostruzione, ha permesso di superare lo sbarramento costituito dalla frana della sovrastante Sala Guglieri, attraverso uno stretto passaggio sull’acqua (ovviamente bagnato in caso di piena), che abbrevia decisamente il percorso. Procedendo carponi si incontra un laghetto a sinistra; l’acqua che lo forma scaturisce da un basso passaggio, limite esplorativo dell’interessante Affluente Dimenticato. Proseguendo per passaggi allargati e con alcuni fittoni, si raggiunge nuovamente un bel meandro concrezionato: a destra scende la corda del percorso di Sala Guglieri. Dopo una cinquantina di metri, si svolta decisamente a destra, risalendo una frattura, fino a sbucare, dopo un breve traverso su corda, in una galleria fossile con evidenti segni di erosione a pieno carico. Si percorre quindi un tratto su colate concrezionali e cristalli, caratterizzato dall’improvviso rombo dell’acqua, verso il Pozzo a T, dove si ritorna alla grande forra in cui scorre il collettore della Mottera. Sulla sinistra, prima di scendere i 10 m che separano dall’attivo, per comodi passaggi, si può visitare la Sala Bardot, ambiente particolarmente concrezionato e con imponenti colate calcitiche. Raggiunto il torrente, seguendo l’acqua verso valle per circa 200 m, si giunge al sifone, attraverso una serpeggiante e bellissima galleria semi attiva, nel calcare nero. Verso monte, la geologia, completamente diversa, disegna un’alta forra (15-30 m) con vari livelli di approfondimento nei calcari scistosi. Nella parte attiva, l’erosione evidenzia le particolari intrusioni di massi e ciottoli di calcare, con dimensioni molto variabili, caratteristiche di questo tratto. L’ampio letto del collettore è percorribile anche in caso di forti piene, zigzagando fra cenge e guadi, fino ad incontrare un grande masso, oltre il quale i laghi profondi impediscono il passaggio.
È possibile bypassare questo lungo tratto risalendo i 6 m di corda che portano ai Quais des Orfèvres, ampia galleria a forra che sovrasta interamente la zona attiva. La progressione in questa parte avviene su comode cenge riccamente decorate da ogni tipo di concrezione, parte resa suggestiva dal sottostante scorrere del collettore e dai frequenti attraversamenti attrezzati con corde fisse. In uno di questi passaggi, caratterizzato da notevoli colate di calcite bianca, sulla destra, confluisce Fluido Glaciale, con buona portata e forte corrente d’aria. Esplorato dallo SCT nel 1996, è un meandro attivo che si dirige con decisione per 300 m verso sud, ingrandendosi fino a deviare ad est, per interrompersi alla base di grandi ambienti verticali ancora da risalire. Tornati alla via principale, dopo circa 50 m, si incontra una risalita con corde fisse. Nel 1992 l’esplorazione portò alla scoperta di un’intricatissima zona fossile, che percorre il collettore dai 30 ai 100 m più in alto e che merita una trattazione a parte. La forra svolta poi di 90° a sinistra e, dopo un breve tratto con grandi blocchi, si ritorna sul collettore. Non vi sono armi ed il passaggio va cercato a seconda dei regimi di piena, superando laghetti e marmitte scavate nelle brecce policrome. È la zona delle Lavagnette, caratterizzata dalla totale mancanza di roccia calcarea e dall’impostazione verticale degli strati di scisto che, per erosione del fiume, hanno creato un grosso accumulo di grandi lastroni, che ostruiscono parzialmente il deflusso delle acque. Superato l’ostacolo (P5) si ridiscende al di là (P5) sul torrente, nuovamente serpeggiante fra le brecce calcaree. Nel percorrere la parte a monte di questa zona, va tenuto conto di eventuali piene: l’effetto diga creato dalle Lavagnette fa risalire il livello idrico di alcuni metri, come testimoniano i forti accumuli argillosi anche sulle cenge più alte, che rendono problematica la progressione o la ritirata. La galleria acquista dimensioni sempre maggiori e, in condizioni normali, permette una facile percorribilità sia a livello dell’acqua che su comode cenge. Si giunge così al punto di innesto del Ramo della Mula, le cui acque affluiscono al collettore. Risalendo per circa 20 m le corde fisse, si raggiunge un laghetto, la cui acqua proviene da sinistra, da una zona di crolli, che per ora hanno impedito di esplorarne l’amonte.
Sulla destra, un grande meandro fossile, attraverso una serie di ambienti verticali, permette di raggiungere il ramo principale nella zona di innesto dell’Affluente Grandioso, 60 m più in alto. Ritornando al ramo attivo, si prosegue per altri 200 m con tratti rettilinei, alternati a grandi anse nel calcare compatto, per poi giungere ad una frana che ostruisce completamente il percorso. Per superare l’ostacolo si risalgono alcuni salti su corda e, raggiunta la sovrastante Sala Zanzibar, ci si addentra nella frana attraverso un passaggio a cui seguono 2 pozzettini. In alternativa, si risale per 8 m e si percorre una grande galleria di recente esplorazione, che riguadagna la via d’acqua. Nel tratto seguente, la progressione si fa più accidentata a causa di alcuni passaggi poco armati. Oltre, le morfologie di crollo lasciano il posto ad una larga e bassa galleria freatica nel calcare compatto, con grandi accumuli sabbiosi: La Playa. I cospicui depositi argillosi che, poco a monte, invadono ambienti più alti, suggeriscono attenzione in caso di forti precipitazioni poiché la zona si potrebbe allagare. Poco prima, sulla sinistra, si risale una serie di passaggi sottostanti un grande ambiente di crollo e si raggiunge nuovamente il collettore alla Cascade des Trois Malades. L’ultimo tratto, molto bello, denominato Fleur d’Eau, risale in direzione degli assorbimenti delle Celle degli Stanti, lungo rapide e cascatelle, per uno sviluppo di 350 m, fino a quota di +270 m, l’attuale limite esplorativo.

LA VIA FOSSILE DA CB2
Lungo il ramo di Esselunga si risale la forra, poco prima delle Lavagnette, seguendo una via attrezzata e, superato un P20, si accede al ramo superiore. Ci si trova in corrispondenza di un importante incrocio di gallerie fossili, dove a partire dagli anni ’90 fu allestito un bivacco attrezzato di tenda, materassini e sacchi a pelo. Da qui è possibile percorrere tre diversi itinerari: la Galleria del Lago Verde, la via verso Sala Bianca ed il ramo fossile verso Sala Zanzibar.
Il primo rappresenta l’antico freatico, sopra l’attuale collettore, in direzione valle e verso il Pozzo a T. Dal Campo Base, in direzione nord-ovest, risalendo la colata, si raggiunge una pozza ricoperta di cristalli bianchissimi, da cui si attinge acqua potabile. Seguendo la volta che si abbassa, si attraversa uno stretto passaggio in discesa (P10), da cui si cala su canne d’organo, raggiungendo un suggestivo e profondo lago pensile. La vasta galleria che da qui si sviluppa ha pavimento e pareti ricoperti di delicatissimi cristalli fino all’altezza di circa 4 m, antico livello delle acque. La progressione richiede pertanto la massima attenzione: non abbandonare il percorso già ricavato sul letto di cristalli. Oltre la galleria aumenta di dimensioni con grandi colate che ricoprono completamente la frana da cui si accede ad un livello superiore. Si incontrano quindi antiche condotte forzate sovrapposte, ormai completamente fossili, costellate da grandi eccentriche. Proseguendo invece lungo la galleria principale, per un P10 e un successivo P15 molto concrezionati, ci si cala nuovamente nella zona dei Quais des Orfèvres. Il secondo itinerario costituisce probabilmente il ramo fossile di Fluido Glaciale ed è sicuramente una delle zone più belle del complesso Mottera. Sempre partendo dal bivacco, si scende per l’evidente galleria in direzione sud e, poco oltre, si risale una ripida colata verde, raggiungendo un bivio. Sulla sinistra il Meandro dei Cristalli si ricollega alla via verso Sala Zanzibar. Non viene più usato come percorso abituale per motivi di praticità e per non deturpare oltre i laghi. Continuando diritto, si percorre il meandro impostato nei calcari molto scistosi con forte aria, fino ad un restringimento, superato il quale si accede a Sala Bianca. È un ambiente di incredibile bellezza, decorato da colate, enormi drappi di calcite bianchissima e laghetti di cristalli
piramidali. Continuando a risalire si incontra un laghetto e si perviene infine alla base della grande verticale di Sala Nera, in via di esplorazione. L’ultimo itinerario, partendo dal CB2, si dirige verso ovest e si sovrappone al ramo attivo, acquistando quota fino a raggiungere i +415 m, alla sommità del Meandro Risotto.
Il percorso, inizialmente molto alterato da morfologie di crollo, prosegue risalendo il piccolo salto (P15 dei Perditempo) che si ricollega al Meandro dei Cristalli e immette in piccole condotte freatiche. Poco oltre un passaggio concrezionato, si giunge in Sala Belle Pièce. Da qui, percorsa la frana e sceso un P8, si incontra l’Affluente Grandioso, proveniente da destra e in forte salita per circa 100 m, ad oggi ancora in via di esplorazione. Verso valle, è possibile riguadagnare il collettore che scorre 80 m più in basso, nei pressi della Mula. Tralasciato l’affluente, si prosegue lungo una condotta discendente e molto concrezionata, per poi risalire in un ambiente più ampio dal pavimento aperto ad imbuto. Seguono un P12 e un P6, che raggiungono la base di Aitsa Room, grande ambiente di crollo, alla cui sommità ha inizio un ramo, risalito solo in parte. Si continua con un grande pozzo di 40 m, che permette, con successive verticali (P20, P30 e P15) di ritornare sull’attivo. Per proseguire occorre attraversare in alto il P40, su un traverso molto esposto e infilarsi nello stretto meandro da cui proviene il piccolo rio che precipita nel pozzo. Dopo pochi metri si raggiunge una sala percorsa dal torrente ed occupata da una frana. Tenendosi sulla destra, fra i blocchi si apre uno stretto passaggio che dà accesso al vasto ambiente di Sala Double Dinde. È un importante crocevia che porta a grandi gallerie e meandri, ancora lontani dall’aver svelato tutti i loro segreti. Sulla sinistra della sala proviene un grande meandro detto Risotto: è alto mediamente sui 10 m e si sviluppa per oltre 500 m, in totale indipendenza dalla linea del ramo attivo; sopra di esso sono stati parzialmente esplorati vasti ambienti non ancora topografati. Tornati in Sala Double Dinde, lungo la parete di destra, si apre un’importante via non ancora topografata, che conduce in una labirintica serie di pozzi alternati a grandi gallerie che, da un lato, permettono di ridiscendere in Sala Zanzibar e, dall’altro, potrebbero rappresentare la possibilità più concreta di proseguire le esplorazioni oltre il vecchio fondo di Fleur d’Eau superando la problematica zona di La Playa. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)
Itinéraire
Per raggiungere gli ingressi della Mottera partendo dalla capanna Guglieri Lorenza si attraversa il torrente Corsaglia poco a monte del rifugio (in caso di piena è possibile usufruire di una teleferica, posta nel punto più stretto, sotto la strada sterrata) e, guadagnata la riva destra, si percorre il sentiero che sale a mezza costa, dopo aver guadato un piccolo rio. Gli ingressi si raggiungono in un quarto d’ora. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)
Météorologie
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Histoire
La Grotta della Mottera venne scoperta nel 1961 dal GSP; si trattava sicuramente dell’ultima grande risorgenza visibile non ancora conosciuta speleologicamente.
Le prime esplorazioni furono condotte risalendo lo scosceso torrente che dal rio Corsaglia porta alle Rocce Mutera, visitando i cosiddetti Ingressi Inferiori (Pi/CN 295 e 296), chiusi da riempimenti glaciali, da cui fuoriesce buona parte delle acque di risorgenza. Poco più in alto, si individuarono i due grandi portali (8x10 m e 6x8 m), rispettivamente Pi/CN 3405 e Pi/CN 242, che diedero inizio alle esplorazioni della grotta.
Tra il 1962 ed il 1967, oltre al rinvenimento del terzo ingresso (Pi/CN 3404), si esplorò la via d’acqua risalendo il torrente per circa un chilometro, fino alla base di una cascata di 20 m. Le difficoltà oggettive legate alle caratteristiche acquatiche di questo tratto, percorribile solo con canotto o mute da sub, limitarono decisamente i tentativi di superare l’ostacolo e, dopo l’infruttuosa prova del 1972 (GSP e GS Monregalese), le ricerche furono abbandonate per molti anni.
Nel 1982, grazie ad una paziente e meticolosa ricerca sulle pareti prossime agli ingressi, lo SCT trovò un buco da cui fuoriusciva moltissima aria. Il quarto ingresso (Pi/CN 675) portò all’esplorazione della Galleria del Blizzard, che permise di bypassare le difficoltà della via d’acqua e giungere rapidamente in Sala 17, attraverso gallerie fossili sovrapposte.
Raggiungere in poco tempo e senza bagnarsi la cascata da 20 m permise allo SCT di terminare la risalita, giungendo ad un grosso ambiente con sifone, che pareva segnare la fine delle esplorazioni.
Inseguendo però quello che fu poi chiamato l’Affluente Dimenticato si giunse negli inaspettati grandi spazi di Sala Lorenza: in un solo giorno furono percorsi oltre 600 m, esplorando i Rami del Verzera dell’Arteria Sud.
Nelle punte successive venne risalito il conoide concrezionato in Sala Lorenza, scoprendo la maestosa zona dei Giardini di Marzo. In un susseguirsi di grandi ambienti si proseguì verso valle, con l’esplorazione dei Portici e della Galleria dei Perché. Calandosi dalla Botte si riguadagnò il collettore poco a monte del Salone del Contatto, aprendo la strada che permette di giungere velocemente nelle zone a monte della cascata. Anni dopo, venne attrezzata la Via dei Cunei che permise un’ancor più spedita progressione.
Negli anni seguenti lo SCT, grazie alla ristrutturazione di una vecchia casera nella zona di assorbimento ed alla costruzione della capanna scientifica Guglieri Lorenza, nei pressi della risorgenza, intensificò la sua attività esplorativa, grazie anche alla collaborazione di altri gruppi italiani, francesi e belgi.
Le esplorazioni proseguirono risalendo Arteria Sud lungo il Ramo degli Imperiesi, fino a +400 m in Sala Seychelles, ma poiché l’acqua di questo ramo era un terzo di quella a valle del Sifone, si cercò ancora e l’anno successivo, con alcune arrampicate, si scoprì Sala Guglieri e le sue incredibili eccentriche. Di seguito, calandosi per il giusto passaggio, si giunse al Pozzo a T, vivendo l’esperienza straordinaria di ritrovare l’assordante rombo del collettore della Mottera.
Una serie di campi estivi nella zona di assorbimento degli Stanti, permise la scoperta di numerose cavità, tra cui l’abisso Omega X-11 nel 1984 (Pi/CN 999-Pi/CN 943). Si tratta di un importante complesso che, con una profondità di -342 m, scende a fianco del ramo di Esselunga nei pressi della Sala Zanzibar della Mottera e ad oggi è fermo su sifone. Si scoprì anche il 5000 (Pi/CN 875) che, nel corso degli anni e con varie disostruzioni, raggiunse i 150 m di profondità, sopra il collettore della Mottera.
Nella Mottera, grazie all’installazione di un campo interno ai Giardini di Marzo, si superarono gli 8 km di sviluppo, esplorando splendidi ambienti di notevoli dimensioni e seguendo il collettore lungo il ramo di Esselunga, fino a +270 m, nelle regioni di Finis Terrae, attuale limite esplorativo.
Nel 1985 lo stesso gruppo speleologico esplora i Rami di Claude, interessante via attiva collegata all’Arteria Sud, che scorre sotto il ramo fossile e si dirige per circa 400 m verso la zona del Sifone.
Nel 1987 i gruppi SCT e CSARI raggiunsero i +550 m in un ramo laterale, sopra la Sala Seychelles, mentre i francesi del GS Rapetrous risalirono un secondo arrivo fino a +480 m. Ad essi nel 1989 si deve la scoperta della parte a monte del ramo principale: una grande galleria fortemente inclinata, con imponenti fenomeni di crollo, che porta il fondo a +614 m, senza però trovare un passaggio verso l’uscita.
La relativa vicinanza del fondo di Arteria Sud con l’esterno intensificò le ricerche per un possibile ingresso che dall’alto permettesse di raggiungere, in breve tempo, le zone più lontane della Mottera, semplificandone l’esplorazione. Tutte le cavità conosciute chiudevano inesorabilmente su imponenti crolli tettonici, nei cui instabili labirinti si perdevano le correnti d’aria. Nel 1991, venne individuato un piccolo buco con segni d’erosione freatica ed una flebile corrente d’aria: venne chiamato Buco Fantozzi, per ricordare quanto fosse scellerata l’idea di quel tentativo di disostruzione.
Negli anni seguenti le punte esplorative in Mottera andarono diradandosi, soprattutto a causa delle notevoli distanze da percorrere prima di raggiungere le zone esplorative.
Nel 1992 una squadra dello SCT risalendo una zona poco chiara lungo il ramo di Esselunga, poco prima della regione delle Lavagnette, scoprì un’insperata zona fossile che si sviluppa 30-40 m sovrapposta al collettore. Le morfologie tipicamente a forra della Mottera non sembravano lasciare molto spazio alla possibile esistenza di un piano fossile abbastanza continuo da permettere di superare il fondo di Finis Terrae.
La scoperta di ampie gallerie stupendamente concrezionate (Meandro dei Cristalli, Sala Bianca, Sala Nera) aprì una nuova stagione esplorativa, nel tentativo di superare i limiti rappresentati dalle zone facilmente allagabili di La Playa.
Le novità esplorative degli anni ’90 stimolarono il ritorno dei belgi dello CSARI, con una nuova visione per questa remota regione di Mottera. Fu allestito un nuovo campo interno più avanzato, ad oggi ancora utilizzabile.
Le attività proseguirono in collaborazione tra SCT, CSARI e vari gruppi liguri, piemontesi e valdostani: numerose punte di più giorni portarono in breve a topografare oltre 2 km di nuovi ambienti fino alle grandi sale di crollo di Aitsa Room e Double Dinde. Questo in particolare è il punto nevralgico ove convergono vari arrivi, fra cui il grande meandro attivo Risotto e da cui si dirama un’intricata serie di grandi gallerie e pozzi, per ora collegata alla sottostante Sala Zanzibar, in cui si spera di trovare il passaggio per superare per vie fossili il fondo di Finis Terrae.
Fu esplorato anche un importante affluente in sinistra di Esselunga: Fluido Glaciale, le cui potenzialità, oltre i suoi 300 m, sono tuttora da verificare.
Nel 2000, a seguito del progetto 2000 Idee per la Mottera, sostenuto dall’AGSP, venne riarmata interamente la grotta, con l’intento di velocizzare e rendere più sicura la progressione verso le zone più profonde.
Durante il 2001 vennero chiarite alcune zone nelle prime parti della grotta, tra cui la discesa del Pozzo Gargamella e la risalita del Po Groll, sopra Sala del Contatto. Questo è un P30 che porta in una zona fossile, di 800 m di sviluppo.
Nel 2005, a seguito del progetto di posizionamento degli ingressi delle cavità piemontesi per il catasto regionale, lo SCT rivisita il vecchio Buco Fantozzi che, dopo breve disostruzione, porta ad un bel meandro, prossimo al fondo di +600 m in Mottera, ma fermo su strettoia a -15 m. Nell’anno seguente l’attività del campo estivo, in collaborazione con GSAM e GSCV, si concentra sulla prosecuzione degli scavi e, dopo una lunga serie di uscite, finalmente, il 1° novembre 2006, si festeggia l’agognata giunzione con il fondo della Mottera.
Il 3 dicembre 2006 viene effettuata dallo SCT la prima traversata completa da Fantozzi fino al quarto ingresso, passando per il Ramo Arteria Sud.
La vicinanza del nuovo ingresso alla regione alta di Arteria Sud ha consentito la scoperta di vari meandri laterali.
A fine 2008, il complesso Mottera-Fantozzi conta oltre 18 km di sviluppo per 636 m di dislivello topografati, ma altri ancora attendono di essere rilevati. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)

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Massimo Sciandra
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Numero:242;Nome:Grotta della Mottera;Altra denominazione:R. Mutera;Regione:Piemonte;Provincia:CN;Comune:Ormea;Area carsica:Bossea;Sistema carsico:Mottera;Complesso carsico:Complesso Mottera-Fantozzi;Latitudine:406912;Longitudine:4894718;Datum:UTM WGS84;Convertite da:UTM ED50;Quota altimetrica (m.slm):1325;Posizione verificata su campo da curatore:Massimo Sciandra;Sviluppo reale (m):22279;Sviluppo planimetrico (m):17925;Dislivello positivo (m):636;Dislivello totale (m):636;Note_:Sifoni/Torrenti;
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2023Relazioni tra velocità e direzione dell'aria nelle cavità e temperatura dell'aria in superficie Vigna B.Voir

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Poligonale Mottera (2018)

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2023-06-30
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Raffaella Zerbetto, Davide Barberis
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Complesso della Mottera - Pianta 2023


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2023-06-30
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Raffaella Zerbetto
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Mottera Sezione 2011


Date
2010-11-30
Auteur
Raffaella Zerbetto
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PI242 - Grotta della Mottera - pianta


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PI242 - Grotta della Mottera - sezione


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Grotta della Mutera - pianta (1967)


Date
1967-01-01
Auteur
Balbiano, Clerici, Di Maio, Follis, Fontana, Prando, Sodero, Sonnino
Topographes
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Grotta della Mutera - sezione (1967)


Date
1967-01-01
Auteur
Balbiano, Clerici, Di Maio, Follis, Fontana, Prando, Sodero, Sonnino
Topographes
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Pianta poligonale (1999)


Date
1999-01-01
Topographes
SCT (Speleo Club Tanaro)
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Sezione 3D


Date
1999-01-01
Topographes
SCT (Speleo Club Tanaro)
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CC BY-SA 4.0
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Grotta della Mutera - pianta (1967)


Date
1967-01-01
Auteur
GSP (Gruppo Speleologico Piemontese)
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CC BY 4.0
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