PI948

Labassa

Synonyms
Q524
Regione
PIEMONTE
Provincia
CN
Comune
BRIGA ALTA
Areas of speleological interest
Cave systems
Size
Length
20000
Negative depth
650
Total depth
650
Entrance location
Latitude
4889486
Longitude
396403
Coordinates type
UTM WGS84 32T
Original coordinates type
UTM ED50
Altitude (orthometric)
1880
Description
L’ingresso di Labassa è un foro in parete (una frattura), quasi insignificante, che si raggiunge con una corda in risalita di circa 15 m, ma appena ci si mette a cavallo dell’ingresso… si capisce subito che non è il solito nicchione.
Per 2 anni, dall’84 all’86, gli speleo imperiesi hanno creduto nell’aria che sferzava in faccia, lottando con strettoie e frane che sembravano impossibili.

I VECCHI RAMI
La prima parte, prevalentemente orizzontale, che si sviluppa nei calcari triassici, è un lembo di un’antica rete freatica, ormai fossile, fracassata dall’esarazione delle lingue glaciali quaternarie. Dall’ingresso, a parte due diramazioni discendenti (una intasata da sabbia e l’altra che si esaurisce in strettoie a -73 m), parte la galleria che scende fino alla prima ex strettoia, quindi ad una saletta. Segue la seconda strettoia, poi si arriva alla ormai domata Fizcarraldo, la temuta frana. Dopo un facile traverso e un saltino che porta ad una saletta si arriva al Trivio, punto di confluenza di condotti. Di fronte parte una condotta, dove le ultime punte hanno guadagnato alcuni metri, ma la frattura stringendo si beffa dell’aria che passa tra le pietre.
A sinistra, dove soffia l’aria, sono le Gallerie Colombo. Percorso a saliscendi in condotte a pressione; l’aria scende da un camino (chiuso in strettoia) che porta probabilmente al Ferà, 300 m più in alto, mentre in basso si susseguono micidiali strettoie.
Il ramo si esaurisce (dopo un pozzetto non armato) in una serie di condotte e salette ultrafossili zeppe di concrezioni. Nella prima parte si sviluppano in direzione sud, mentre nella parte finale seguono le fratture NNE-SSW, chiudendo sotto la verticale dell’Abisso Armaduk.

LA ZONA TETTONICA
Dal Trivio, sulla destra, parte uno stretto condottino che scende con due saltini. È l’inizio della Via di Damasco, nessuna corrente d’aria presente subito, ma micidiali strettoie addomesticate alternate a saltini fino a -104 m. Si risale una serie di condottini fossili e infangati fino alla Sala del Chinotto, poi di nuovo pozzetti, sino all’ex sifonetto di -152 m (Pentola di Montezuma). Si segue l’acqua lungo tre pozzi a cascata, per poi sparire in una fessura che preannuncia la Diaclasi (-180 m). La Via di Damasco è impostata su una serie di fratture E-O, parallele alla cresta del Ferà.
Dopo la Pentola di Montezuma i facili saltini portano ad un condotto orizzontale fino alla Diaclasi: una grande frattura che taglia le dolomie triassiche dirigendosi verso sud, dentro la montagna. Ambienti più ampi, depositi sabbiosi e salette segnano il contatto con i calcari del Giurassico; da qui Labassa esplode.

LE GRANDI CONDOTTE FOSSILI
Inizia una serie di grandi condotte freatiche fossili di oltre 3 km di sviluppo, con un andamento a saliscendi, ad una profondità di -220 m.
La prima parte (Gallerie del Silenzio) si spinge ancora verso nord nel cuore della montagna, imponenti tubi freatici a pressione con grandi alveolature di corrosione e modesti approfondimenti vadosi. I riempimenti sabbioso-ciottolosi hanno ostruito completamente le diramazioni verso sud, lasciando invece un vecchio sifone Pentola Lagostina) che spesso blocca il passaggio verso il fondo. Ora una serie di tubi e una pompa permettono lo svuotamento del sifone in tempi relativamente modesti. Poco prima della Pentola, in una diramazione laterale, si trova il campo dei francesi, probabilmente per tentare lo scavo della galleria che chiude su riempimento.
Un basso passaggio porta alle gallerie della Lunga strada dell’Ovest, a sinistra poche decine di metri di vecchie condotte concrezionatissime (la Sala delle Stalattiti Storte) intasate poi da fango e calcite indicano l’antica strada dell’acqua verso le Fascette. Seguendo la condotta principale, di dimensioni metriche, si arriva ad un pozzetto di 12 m, anticamera di un enorme sifone fossile (-258 m), lungo una trentina di metri. Poi la “strada” corre veloce: tubi freatici con scarsi approfondimenti vadosi, larghe e profonde marmitte. Un’unica zona di crollo, il punto 18, dove si dirama verso nord una concrezionatissima galleria nella quale c’è ancora da lavorare.
A 400 m dalla pentola-sifone (-250 m circa) si raggiunge il punto chiave del Bivio dello Scafoide. La galleria si esaurisce nel Ramo delle Pentole, micidiali condottine saliscendi, lungo quasi 600 m, di dimensioni ridotte, che termina in un salone di crollo, al contatto tra calcari giurassici e scisti cretacei, dove scorre un misterioso filo d’acqua. Le Pentole sono un ramo estremamente rognoso, ma anche uno dei pochi che punta verso ovest in zone per ora senza grotte, da rivedere per chi ne avrà il coraggio.
Il Ramo dello Scafoide è la via per raggiungere il collettore: 70 m di dislivello, interrotti solo da un P14, con strette gallerie vadose e crolli sino a scendere sulle rive di un enorme lago-sifone.
Ma dallo Scafoide, con un brusco angolo di 90°, iniziano le Gallerie Giuanìn Magnana, un chilometro di grandi condotte con sculture alveari, talora con il fondo sabbioso, a parte qualche zona di crollo nelle zone alte. A metà strada, una parete tappezzata da fiori di aragoniti aghiformi preannuncia il cosiddetto punto 33, altro fondamentale crocevia.
Verso ovest è il Ramo dei Coperchi, si sale al condottino ellittico, asciutto, ascendente ricco di belle concrezioni nei calcari del Dogger, poi la parte discendente, tre pozzetti e alcune disostruzioni in mezzo al fango. Dopo 300 m ci si arresta davanti ad un passaggio strettissimo ma senza aria, anche questo da ricordare per i posteri.
Dal punto 33, a destra, si può scendere rapidamente sino ai grandi laghi a monte.
La galleria principale punta ancora verso nord con un basso passaggio sabbioso, poi qualche risalita e ancora i grandi tubi a pressione levigati, nei calcari giurassici che, tagliati da un pozzetto, cominciano a scendere a 45° per un centinaio di metri fino allo spettacolare canyon da cui, in basso, rumoreggia il Gran Fiume dei Mugugni. Alla base del pozzetto si può notare uno dei campi interni (attenzione a non caderci sopra!) dove sono sistemati in bidoni stagni ben cinque sacchi per poter dormire, fornello e qualche attrezzo (non entrare nel campo con tuta o scarponi).

I GRANDI AFFLUENTI
Il levigato condotto delle Giuanìn Magnana continua costituendo la volta della forra, alta una trentina di metri.
Per l’amonte seguire una serie di comode tirolesi su cengette che, con 20 m di verticale, portano direttamente sulla sponda del torrente scavato in calcari neri venati. Risalendo il torrente, poco oltre, inizia un’enorme zona di crollo che porta ad un grande vuoto, la cosidetta Sala del Grande Cocomero: questo punto si trova all’incrocio di importanti linee tettoniche.
Dalla Sala del Grande Cocomero si scende per una quarantina di metri l’enorme massa di detriti raggiungendo nuovamente il Fiume dei Mugugni. La progressione sul fondo è nuovamente veloce lungo la forra vadosa a larghe anse, levigate dall’erosione, con diversi livelli sovrapposti di sedimenti grossolani. Si alternano frequenti zone di crollo sino ad un nuovo salone, con imponenti accumuli di clastici instabili, una risalitina in una forretta e si arriva alle sponde di un lago di una dozzina di metri, passabile con canotto o mute, sino al sifone dove sgorgano le acque provenienti dai sifoni di Piaggia Bella.
Al lato del sifone, un condotto con approfondimenti vadosi prosegue per un centinaio di metri verso NW trasformandosi in uno stretto budello non terminato: l’aria che lo percorre sembrerebbe arrivare non da PB ma dalla zona sovrastante.
Tra la Sala del Grande Cocomero e il sifone terminale si sviluppa, sopra al ramo attivo, un incredibile labirinto di condotte forzate fossili: il Regno del Minotauro; nonostante i punti di rilievi, non sono pochi i problemi di orientamento. Le grandi gallerie freatiche, spesso troncate dalle frane, sono distribuite su diversi piani paralleli e sovrapposti. Diffusi concrezionamenti calcitici, spesso poderosi crostoni stalagmitici che fanno da pavimento alle mega gallerie.
Tornando all’incrocio tra le Giuanìn Magnana e la forra, si può scendere il canyon verso valle e subito confluisce, dalla destra, un ruscello: è l’inizio del ramo Latte e Miele. Seguendo il ruscello si finisce in uno stretto sifone, ma arrampicando si raggiunge un complicato dedalo di pozzetti e gallerie ascendenti, molto concrezionate, che terminano in camini. È il settore che più si avvicina al Colle dei Signori, ma anche alla superficie. Potrebbe regalare il terzo ingresso a Labassa, le esplorazioni sono ferme su risalite molto acquatiche.
Il Fiume dei Mugugni si apre invece in un salone che anticipa un grandioso lago sifonante, dall’altra parte del sifone ha inizio la Regione dei Grandi Laghi.

LA SALA DELLE ACQUE CHE CANTANO ED IL COLLETTORE
La Regione dei Grandi Laghi, che comprende 7 bacini, si sviluppa con minimi dislivelli, pressoché al di sotto delle Giuanìn Magnana. Il lago più a monte è in realtà un grande tetro sifone che raccoglie probabilmente le acque del Colle dei Signori.
Questo ambiente si può considerare idealmente la mitica Sala delle Acque che Cantano, punto di confluenza dei grandi affluenti della zona di assorbimenti.
Al 7° lago-sifone si accede dal punto 33 (nelle gallerie Giuanìn Magnana) atterrando in una zona di saloni di crollo e gallerie a pressione con marmitte concrezionatissime; un articolato by-pass permette di scavalcare tutto il lago verso monte, solo in parte si riesce invece ad evitare l’acqua verso valle anche per i successivi profondi laghi; bisogna affidarsi ai canotti, ancor più infidi in questi ambienti dove le pareti lisce di calcare nero si alternano a insidiose lame.
Anche gli ultimi tre laghi sono condotte alte una decina di metri dal pelo dell’acqua e altrettanti sotto, che entrano a pieno carico in caso di piene.
Il primo lago si esaurisce su un doppio sifone largo una ventina di metri, dove la spiaggetta verso Nord corrisponde all’arrivo del Ramo dello Scafoide.
Dal ripido pendio di blocchi si sale una parete di 10 m, tagliata nei depositi sabbioso-ciottolosi, raggiungendo una rete freatica fossile molto complessa (diametri anche di 20 m). Dalle grandi gallerie si può raggiungere in alcuni punti il livello attivo. Il torrente, dopo alcuni laghetti e rapide, si getta da un pozzo-cascata in un salone occupato da un tetro lago: è l’inizio del collettore che porta le acque alla risorgenza nella Gola delle Fascette.

VERSO IL LUPO
La via è per i rami fossili superiori, un grandioso condotto che s’affaccia strapiombante sul collettore che scorre 20-30 m più in basso. La forra, a pareti lisce e fangose, impedisce la discesa diretta sul fondo, inizia qui la serie di tirolesi (120 m) e pozzetti che portano prima a traversare brevemente sull’acqua (con un P20 a fianco alla cascata) e poi sull’orlo di un nuovo pozzo valutato oltre i 50 m. Le tirolesi diventano da qui completamente aeree, l’ultima parte permette di risalire verso un’antica condotta fossile, fracassata da crolli e dove l’argilla ricopre ogni centimetro di roccia (le Gallerie Fangose). Dopo due saltini, tra enormi accumuli graviclastici, la discesa di un P45 oscenamente fangoso, ci si immette in un ambiente di crolli che collega nuovamente, sia a valle che a monte, con il collettore.
Poco avanti, da uno dei tanti buchi che occhieggiano sulla volta c’è l’arrivo delle Gallerie Vai Vai Pastasciutta, il più alto livello di condotte freatiche di questa prima parte del collettore.
Le Vai Vai Pastasciutta, 600 m di gallerie a pressione completamente rivestite di fango, si raggiungono traversando il canyon dopo le prime tirolesi (Pendolo di Ferrou). Si presentano con diverse perdite e marmitte, tra cui un nuovo livello inferiore, sempre fangosissimo, che potrebbe aprire verso monte la strada verso il settore del Colle dei Signori, mentre a valle si ributta sul Salone dell’Iperspazio. Fino al 2000 le gallerie terminavano con il P65 che porta rapidamente al Salone dell’Iperspazio, ma traversando il pozzo si aprono le gallerie Fandango, naturale prosecuzione del livello freatico delle Vai Vai Pastasciutta, per un chilometro e mezzo, che si interrompono da un lato contro una frana e dall’altra in un muro di faglia. Da vedere ancora qualche condotto nella loro parte iniziale, mentre alcune diramazioni discendenti hanno riportato sul Salone dell’Iperspazio.
Ritornando a valle si segue il collettore, tra i massi ciclopici, in una galleria alta 20-30 m che scende in una forretta. Una facile arrampicata tra i blocchi porta all’inizio dell’Iperspazio, un grandioso vuoto di crollo con enormi massi ma anche depositi sabbiosi (quasi 200 m di lunghezza sino a 50 di larghezza) che ci riporta, 40 m più in basso, a ritrovare i resti delle gallerie di erosione. A lato, seguendo l’acqua in mezzo a massi, si raggiunge dopo 150 m il sifone Cappuccetto Rosso, a quota 1375 m.
La prosecuzione è per le vie fossili, arrampicando in fondo all’Iperspazio: è l’Immacolata Concrezione (oltre 300 m), gallerie con concrezionamenti di una bellezza sorprendente, ma che riportano di nuovo sul maestoso collettore. Fino al 2000 l’unico modo per proseguire era o con mute o con pontonnière, lungo un traverso molto acquatico; ora l’armo è stato spostato ed è quindi possibile proseguire con la normale attrezzatura. (la (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)
Itinerary
L’ingresso si apre sulle pareti che dal Piano della Chiusetta salgono alla Testa del Ferà. Arrivando da Carnino, appena giunti sul piano si sale lungo la pietraia, su traccia poco evidente, che porta alla base di una cengia da cui parte la corda per raggiungere l’ingresso in parete. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)
Meteorology
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History
Siamo nel 1984 e il 4 luglio viene avvistato un piccolo buco in parete, il quale, raggiunto nei week–end seguenti, viene esplorato fino ad una prima strettoia con forte corrente d’aria ghiacciata, superata con relativa facilità. La strettoia successiva richiede un impegno maggiore mentre la terza mette momentaneamente la parola fine a questa breve grotta. Occorre quasi un anno di duro lavoro per superare l’ostacolo, costituito da una condotta ascendente completamente intasata da blocchi instabili. Sarà battezzata Fitzcarraldo. Alla fine del 1985 si riesce a passare la frana terminale e si esplorano, il 12 ottobre, le Gallerie Colombo, mentre nelle punte seguenti inizia la dura esplorazione della Via di Damasco, portando Labassa, a fine anno, a raggiungere i 152 metri di profondità sulle sponde del sifonetto Montezuma, che viene superato ed eliminato con la mitica trivella demoltiplicata ad acqua ancora esposta in loco. È il 1986 il grande anno di Labassa. Al di là altre gallerie e la famigerata Diaclasi oltre la quale si trovano le ampie condotte delle Gallerie del Silenzio. Un sifone intasato di acqua e fango pone momentaneamente fine all’esplorazione, ma la superficie dell’acqua increspata dalla forte corrente d’aria, fa ben sperare. Quindici giorni più tardi il sifone terminale è completamente asciutto e viene battezzato Pentola Lagostina. Oltre si trova La Lunga Strada dell’Ovest, mezzo chilometro di ampie gallerie concrezionate che terminano all’importantissimo Bivio dello Scafoide.
Dal bivio iniziano le Gallerie Giuanin Magnana che portano sull’orlo di un profondo canyon sul fondo al quale scorre il Gran Fiume dei Mugugni. Verso valle ci si ferma presto su un sifone mentre si riesce a risalire un importante affluente, che prende il nome di Latte e Miele per il particolare colore delle sue concrezioni.
Risalendo invece il collettore verso monte, le esplorazioni si susseguono frenetiche e con ritmi impressionanti, portando alla scoperta, della sala del Grande Cocomero e più a monte ancora del Regno del Minotauro, mentre a valle, dal Bivio dello Scafoide si individuano nuove gallerie e vasti ambienti freatici ormai fossili che ridiscendono sul collettore. Viene finalmente aperta la Via del Lupo.
Il 1987 viene dedicato a colorazioni e controlli di tutte le gallerie. Il campo estivo porta a continuare le esplorazioni a valle, verso il Lupo in due punte si arriva prima sull’orlo del P45 e poi al “Salone dell’Iperspazio” e poi ancora oltre sino al grande sifone Cappuccetto Rosso, bypassato la punta successiva.
Il 1988 è un anno importante, che porta verso valle alla scoperta delle Gallerie dell’Immacolata Concrezione e delle Gallerie Vai, Vai Pastasciutta..., raggiunte con un asta telescopica e numeri da circo, individuate nei pressi delle Grandi Tirolesi, ma dalla parte opposta del canyon. I tempi di percorrenza cominciano a farsi sentire pesantemente e in novembre viene allestito il primo campo interno, il Capanno degli Stonati, poco prima delle Grandi Tirolesi.
L’innevamento ottimale nel 1989 permette una punta a valle che si ferma su un altro canyon con pareti strapiombanti e una seconda squadra riesce a collegare le Gallerie Vai, Vai Pastasciutta... al Salone dell’Iperspazio.
Nel resto dell’anno si effettuano alcune piccole esplorazioni nelle Gallerie Colombo e nella Lunga Strada dell’Ovest, poi, in settembre, si torna nel grandioso labirinto del Regno del Minotauro dove rimangono, però ancora numerose gallerie da vedere.
Nel gennaio 1990 si torna sul fondo a valle raggiungendo il sifone terminale a -591. Nel complicato settore di Latte e Miele continuano le risalite e le discese di pozzi e camini. Viene inoltre allestito, a monte, il secondo campo interno, denominato Capanno degli Arrapati. A dicembre si torna nuovamente a monte per cercare il bandolo della matassa nel labirintico Regno del Minotauro, ma al termine di questa punta una serie di slavine travolge e uccide nove dei dodici speleologi che erano in grotta, segnando così, nella maniera più drammatica possibile, la fine della grande stagione di Labassa.
Il 1991 vede un nuovo campo alla Chiusetta con il raggiungimento, da parte dei belgi dello CSARI Bruxelles, di una importante galleria fossile.
È il 1996 l’anno che segna la grande ripresa di Labassa. A fine agosto viene organizzata una punta mista ligure e piemontese che raggiunge l’orlo di un pozzo di venticinque metri seguito da saltini che portano sulle rive di un laghetto da cui esce una grande quantità d’acqua. Il momento è magico: è l’al di là del sifone terminale. La via verso il Lupo è di nuovo aperta e le dimensioni impressionanti delle condotte rendono ottimisti. Dopo sei anni con scarsi risultati in questa grotta, l’entusiasmo è alle stelle, ma una seconda punta, due settimane dopo, trova il ramo
di destra sifonante dopo un solo giorno di pioggia, prende così il nome di Ramo del Troppo Pieno. La scoperta è drammatica, perché più attente osservazioni fanno notare la totale mancanza di possibilità di salvarsi in caso di piena fin dall’uscita dell’ex sifone terminale. Viene naturale battezzare queste condotte Io Speriamo Che Me la Cavo.
Nel 1998 finalmente si capisce che cinque ore di tempo utile su quarantotto di punta non è un rapporto vantaggioso, si pensa allora all’allestimento di un secondo campo a valle. Questo non è un grande problema; il problema è che da qui si andrebbe in esplorazione senza sapere nulla della situazione meteorologica esterna da almeno venti ore e l’ipotesi di stendere una linea telefonica fino al fondo a valle, in principio appare demenziale, poi sembra essere l’unica possibilità affidabile. Occorrono ben nove punte multietniche per riuscire ad allestire il
secondo campo a valle, denominato Albergo a Ore, e a stendere il cavo telefonico fino a qui.
Nel 2000 il GSI assieme al GS Bolzaneto e al GS Martel, viene organizzato il campo “Chiusetta 2000” anche grazie alla collaborazione di alcuni “single” savonesi e spezzini. Oltre il “Sifone Temporaneo” si va a rivedere un punto interrogativo del rilievo del 1996 e si scopre così il Regno di Nettuno: un P15 porta ad accedere ad una serie di gallerie freatiche dove si ritrova non solo il fiume, ma anche tre sifoni, tutti alla stessa quota. Siamo decisamente sul fondo di Labassa, 55 metri sotto il livello delle piene, a -625 metri di profondità!
Anche il P30 terminale viene ricontrollato ma giunge all’ennesimo sifone e per di più alla stessa quota degli altri. Alla luce di quanto non trovato, si fa un ulteriore passo indietro. Una squadra si concentra sulla zona terminale delle gallerie Vai, Vai Pastasciutta... queste gallerie rappresentano il livello fossile più alto, scoperto sino ad allora, del collettore del Marguareis. Alla sommità del P65 si apre la condotta vista nel ‘95. La speranza è sia la naturale prosecuzione del livello freatico fossile delle gallerie Vai, Vai Pastasciutta…, la teoria ha avuto ragione e viene così scoperto Fandango. La corrente d’aria è notevole, la direzione e la quota portano a fare supposizioni incredibili sul futuro di Labassa verso la Gola delle Fascette, ma l’ultima uscita interrompe tutti i sogni di gloria. Durante la seconda metà del campo Aldo Giordani individua un buco soffiante nella zona soprastante i prati della Chiusetta che, dopo un’accanita disostruzione è diventato prima fessura, poi grotta, successivamente abisso e poi finalmente Labassa, il secondo ingresso: L’Ombelico del Margua, che permette di raggiungere in un paio d’ore il Gran Fiume dei Mugugni.
Nel 2001 il GSI e il GS Bolzaneto organizzano anche il secondo campo ligure sui prati della Chiusetta. Si inizia subito con l’attrezzare il quarto campo interno denominato Hotel Supramonte e ubicato nelle zone fossili, poco sopra il fiume. Numerose squadre si alternano al difficile scavo del Sifone di Sabbia mentre alcuni spavaldi temerari riescono ad avanzare nel Ramo Tristo. Quantità inenarrabili di fix vengono immolate nella gloriosa causa si setacciare la volta della galleria del Fiume dei Mugugni, ma nessuna buona finestra ha dato alla luce serie prosecuzioni fossili sia verso PB che verso il Colle dei Signori.
Decisamente importante invece il superamento del Sifone a Monte da parte di Serge Delaby dello CSARI Bruxelles il quale, dopo circa 50 m e con una profondità massima di -8 m, riemerge per esplorare altri 150 m di galleria nuova sino ad un vasto salone di frana denominato Riviere Bruxelles. Alcune possibilità di prosecuzione, solo raggiungibili con arrampicate o risalite artificiali necessitano una rivisitazione nei prossimi anni con materiale adeguato. Il rilievo comunque indica che la direzione è quella giusta e che finalmente Labassa dopo anni si è avvicinata Piaggiabella di un ulteriore centinaio di metri, ora mancano probabilmente solo più 70–80 metri di distanza.
Grazie ancora alla comodità del nuovo ingresso sono state definitivamente esaurite le ricerche in Latte e Miele, purtroppo dopo più di 250 m di risalite si è arrivati in zone prossime all’esterno. Poche invece a valle le punte degne di nota: nell’Iperspazio un provvidenziale faretto ha illuminato la volta disegnando sulle pareti ben 6 finestre interessanti da raggiungere. Alcune risalite hanno dato esito sfortunato ritornando sul salone, mentre altre sono ancora da terminare. Sicuramente ad eccezione del rilievo di Serge i metri nuovi di topografia non sono quelli dell’anno precedente, ma si può dire che la quantità e la qualità del lavoro prodotto sono state decisamente elevate.
Il terzo anno di campi alla Chiusetta (2002) vede principalmente gli speleologi impegnati ancora nello scavo al Sifone di Sabbia, un potente tappo che ostruisce la via ad una grossa condotta freatica ormai fossile che, partendo dalla Sala del Grande Cocomero, si dirige verso monte (direzione PB). Affrontato il lavoro con grande impegno durante la seconda settimana di campo, non ha dato gli sperati risultati, però numerosi metri cubi di sabbia e fango sono stati estratti dal cunicolo, consentendo l’avanzamento di circa 3 metri di galleria. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)
Numero:948;Nome:Labassa;Regione:Piemonte;Provincia:CN;Comune:Briga Alta;Area carsica:Marguareis - Pian Ballaur - Saline;Sistema carsico:Foce;Complesso carsico:Complesso Labassa - Ombelico del Margua;Latitudine:396403;Longitudine:4889486;Datum:UTM WGS84;Convertite da:UTM ED50;Quota altimetrica (m.slm):1880;Sviluppo reale (m):14000;Dislivello negativo (m):650;Dislivello totale (m):650;Note_:N.C.;
Compilation data
Recordinsert
03/06/2020
Updated by
davide
Update date
15/01/2022
Limits the edit of the content to the following groups
w_caves
Coordinate wgs84:

Bibliography

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1986Bollettino del Gruppo Speleologico Imperiese CAI, n. 26AA.VV.View
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1994Piemonte sotterraneoAttilio EusebioView
1995Atlante delle grotte e delle aree carsiche piemontesiAA.VV.View
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2000Speleologia n. 43AA.VV.View
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2001Speleologia n. 44AA.VV.View
2005Schegge di luce. Racconti, storie, emozioni di 50 anni di SpeleologiaAA.VV.View
2006Grotte n. 145AA. VV.View
2007Alpi Liguri e carsismo. Storie sotterraneeElia E.View
2010Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2AA.VV.View
2011Bollettino del Gruppo Speleologico Imperiese CAI, n. 63AA.VV.View
2011Le nuove esplorazioni a Labassa - 948 PI/CN (Marguareis, Alpi Liguri)Cavallo C, Maifredi A, Massa EView
2011Piaggia Bella nel MarguareisUbe LoveraView
2011La Terre du VisconteThierry FighieraView
2013Grotte n. 160AA. VV.View
2013Bollettino del Gruppo Speleologico Imperiese CAI, n. 65AA.VV.View
2014Bollettino del Gruppo Speleologico Imperiese CAI, n. 66AA.VV.View
2017Grotte n. 168AA. VV.View
2017Dal mare al calcareAA.VV.View
2018Bollettino del Gruppo Speleologico Imperiese CAI, n. 70AA.VV.View
2023Il Sistema Piaggia Bella-Labassa (Marguareis, CN) alcune potenzialità esplorativeCalandri G.View
2023Grotte n. 177AA.VV.View

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Caves
PI948

Gallerie del ritorno


Author
S. Calleris, R. Chiesa, P Ramò, A. Romairone
Survey performed by
S. Calleris, R. Chiesa, P Ramò, A. Romairone
License
CC BY-SA 4.0

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Labassa - pianta (2003)


Date
2003-01-01
Author
Enrico Massa, Alessandro Maifredi
Survey performed by
GSI (Gruppo Speleologico Imperiese), GSB (Gruppo Speleologico Bolzaneto)
License
CC BY 4.0

Caves
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Labassa - sezione (2003)


Date
2003-01-01
Author
Enrico Massa, Alessandro Maifredi
Survey performed by
GSI (Gruppo Speleologico Imperiese), GSB (Gruppo Speleologico Bolzaneto)
License
CC BY 4.0

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Labassa (2003) .kml

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Author
vettorializzazione di Nicola Milanese
Description
sagoma da "Atlante delle aree carsiche piemontesi 2010"

Caves
PI948

Labassa (1984)


Survey performed by
M. Amelio, G. Calandri, A. Caldani, I. Ferro, C. Grippa
License
CC BY-SA 4.0

Caves
PI948

Regno di Nettuno - pianta


Date
2021-11-30
Author
Thomas Pasquini
Survey performed by
Andrea Benedettini - Thomas Pasquini
License
CC BY 4.0
Survey accuracy
Rilevato con DistoX2
Bibliographic source

Caves
PI948

Gallerie Fandango - pianta


Date
2021-11-30
Author
Thomas Pasquini
Survey performed by
Andrea Benedettini - Thomas Pasquini
License
CC BY 4.0
Survey accuracy
Rilievo eseguito con DistoX2
Bibliographic source

ctl_photos

Codecave
PI948 Labassa

Date
2019-11-30
Author
Tommaso Biondi
License
CC BY-NC-SA 4.0
Description
Regione dei Grandi Laghi

Codecave
PI948 Labassa

Date
2019-11-30
Author
Tommaso Biondi
License
CC BY-NC-SA 4.0
Description
Regione dei Grandi Laghi

Codecave
PI948 Labassa

Date
2019-11-30
Author
Tommaso Biondi
License
CC BY-NC-SA 4.0
Description
Regione dei Grandi Laghi

Codecave
PI948 Labassa

Date
2019-11-30
Author
Tommaso Biondi
License
CC BY-NC-SA 4.0
Description
Capanno degli Stonati

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